L'appetito vien mangiando


Salendo al Passo Gardetta
M. riesuma l’idea di una spedizione enogastroescursionistica in Val Maira,  saltata due anni fa per colpa di un mio improvviso mal di schiena.  Decidiamo per una due giorni con pernotto in tenda e il classico anello del Passo della Cavalla. Ufficialmente, tutto qui. Nella realtà, ciascuno passa diverse ore su internet vagliando accuratamente non percorsi, ma ristoranti, locande e osterie della zona.  Dalla mia selezione esce vincitore il Mistral di Ponte Maira. Ovviamente, nessuno ammette che la vera meta non è il Soubeyran ma la cena del sabato sera.

Intanto, si uniscono A. e L., i quali nulla sanno del reale obiettivo del bivacco ed ingenuamente propongono destinazioni e percorsi alternativi.
Il diavolo, però non fa i coperchi. Due ore prima della partenza, M. dà forfait accusando non meglio precisati disturbi.  
Data la delicatezza della situazione, decido di prepararmi il terreno: abbandono il fornelletto nello sgabuzzino e lascio a casa qualsiasi derrata cucinabile.
In macchina cambia la destinazione: decidiamo per il Bric Cassin; la tenda, anziché alle Sorgenti Maira, la pianteremo a Pratorotondo.

Il vallone è immerso in una lepegosissima nebbia serale. Veniamo autorizzati a montare le tende nel prato accanto al paesino; subito dopo, scatta l’operazione cena. Mi immedesimo nel fu Mario Merola e fingo di cercare disperatamente e inutilmente knorr e fornelletto. Impreco contro la malasorte che ci costringerà, nostro malgrado, ad infilarci in trattoria. La sceneggiata non funziona. I due compari estraggono serafici dallo zaino ben 3 buste di cibo liofilizzato e un fornelletto da astronauti che in cinque minuti permette di scodellare e condividere un imprendibile risotto ai funghi; seguono una crema sempre rigorosamente ai funghi e un secondo risotto, indovinate voi a che gusto. Disperazione e mal di stomaco mi impediscono di godermi  il Nero d’Avola con il quale L. cerca di rimediare all'orrida cena.  Distrutto nel morale e nel fisico, mi fiondo in tenda. Passo la nottata a combattere con il rumore del torrente e con i piatti di pansoti che popolano i miei sogni.

Alle 6.30, sveglia. La tenda è fradicia ma non ci si può far nulla. Smontiamo, carichiamo tutto in macchina e partiamo. Di colazione, ovviamente nemmeno a parlarne. Guadagnamo ancora qualche metro di dislivello proseguendo sino al bivio per il Colle Ciarbonnet.  A stomaco rigorosamente vuoto, ci mettiamo in marcia.
La giornata è splendida, il vallone anche. 

Verso Prato Ciorliero

A rendere la situazione perfetta manca solo un grosso pezzo di focaccia con la cipolla. Spuntiamo sul ciglio di Prato Ciorliero e iniziamo la risalita verso il Passo della Gardetta. Incontriamo diversi bunker, apparentemente in buone condizioni. Il più grande si trova proprio lungo il sentiero. Entriamo con le dovute cautele. Neutralizzati i cecchini, procediamo circospetti verso il colle. Al passo, il controluce ed un po’ di foschia impediscono di gustare il bel panorama verso la Meia.
Cinque minuti di pausa e svoltiamo verso la cresta che collega Bric Cassin e Cassorso. Si sale con un po’ di fatica.  Raggiunta la costa, L. “va a dare un’occhiatina” verso il Cassorso che è di un centinaio di metri più alto. Io e A. ci dirigiamo invece verso la più vicina vetta del Bric Cassin e, soprattutto, verso i panini che attendono il loro destino in fondo allo zaino.
Non c’è sentiero, ma si cammina in mezzo ai prati. 

In discesa, poco sotto la vetta del Bric Cassin

Un bel piano fiorito, poi gli ultimi metri in cresta, su un comodo e tranquillissimo sentiero. Alla fine, abbiamo totalizzato circa 800 metri di dislivello, non un granché ma per stavolta bene così.  
Ci interroghiamo sulle sorti di L. Poco dopo, una sagoma si staglia contro il cielo sulla cresta del Cassorso.

Il Cassorso visto dalla vetta del Bric Cassin
Ne seguiamo le gesta e il trionfale arrivo in vetta ruminando il pranzo.  Torniamo al bivio dove ci riuniamo alla nostra cordata di punta. 
L. si rifocilla, poi divalliamo per lo stesso percorso dell’andata.  All’una e mezza siamo dalla macchina.
E’ finalmente arrivato il momento di togliersi qualche soddisfazione. Ci catapultiamo ad Acceglio, dove un barista che incredibilmente spicca zeneixe mi serve l’agognata Moretti e Sprite. Essendoci mossi per tempo, il viaggio di ritorno scorre senza intoppi, e arrivo in tempo per il saggio di ginnastica di mia figlia.
Tutto inutile: Ricky rifiuta di assistere a 21220090896 esercizi ritmicoginnici e dichiara fieramente che resterà a casa. Fingo di rimproverarlo, ma non appena l’ala femminile esce, lo invito a cena, e festeggiamo lo scampato pericolo.
Gli anelli di cipolla fritti non sono proprio come i raviolos occitani, ma ho fatto comunque un bel passo avanti dalla knorr di ieri sera.

E poi, la birra è buonissima.

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