Lake Street Dive

La musica rock è una pagina ormai scritta. E’ difficile dire da cosa dipenda, ma sono 20 anni che non si afferma nessun gruppo o solista di primo piano, di quelli, per capirci,  che sanno fare grande musica, ma popolare.  E’ probabile che non ci sia rimasto molto da dire, perché tutto è già accaduto: rock ‘n roll, beat, progressive, country-rock, rock-blues, punk, americana… e chi più ne ha più ne metta.
Insomma oggi è difficile immaginare che esca un nuovo Springsteen o nascano i nuovi Stones.
Non ci resta che diventare archivisti e scavare alla ricerca di gemme del passato che ci sono magari sfuggite; e, per l’oggi, accontentarci dei discontinui lampi di classe di qualche vecchio leone o del modesto artigianato di qualche gruppo capace di riproporre con freschezza questo o quel dejà vu.
Nei Lake Street Dive mi ci sono imbattuto per puro caso, leggendo su Outsider una recensione del loro ultimo album Bad Self Portraits, che assegna al disco un onesto 7 ½.  Mi ha incuriosito, però, il testo dall’articolo, decisamente più positivo del voto.
Ho guardato un po' di loro video in rete, e la curiosità è aumentata, così mi sono procurato il CD:




E… ok, è un gran bel disco. Leggero e sofisticato al tempo stesso.
I membri del gruppo vengono tutti dal conservatorio, e si sente: mentre suonano, danno l’idea di sapere quel che fanno. 
La cantante Rachael Price ha una formazione jazz, e una voce come se ne sentono di rado. Ha alle spalle un bel curriculum: menzione d'onore al festival Jazz di Montreux 2003, semifinalista e concorrente più giovane alla Thelonios Monk Vocal Competition 2004...
Al posto del rituale basso elettrico, c’ è il contrabbasso di Bridget Kearney, che, insieme con la voce della cantante, è il marchio di fabbrica del gruppo.  Completano l’organico Mike "McDuck" Olson (tromba e chitarra) e il percussionista  Mike Calabrese.
La musica è fatta da riff orecchiabili, su una base che profuma di country e jazz. Ci sono canzoni che ti entrano in testa senza stancare. Su tutte, almeno secondo me, la title track , You Go Down Smooth, You Used Me Up e Jimmy Tanqueray.
Se andate su Youtube troverete diversi video del gruppo.  Sono, perlopiù,  filmati di concerti del circuito indie da cui si capisce che questi sanno suonare davvero, anche improvvisando all’angolo della strada.

Semplicità e bravura raramente stanno insieme, e questo loro understatement  è un ulteriore punto di merito. 
Da provare!

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