La frana

Il vallone verso il Colle Salvé




Dopo l’ammunìa della settimana precedente, S., in gita solitaria sulle alture del Golan, rimane folgorato sulla strada di Damasco; mentre ci domandiamo su quale vetta apuana occorrerà andare a recuperare il suo smarrito senno, eccolo che rispunta dicendosi disposto a tutto. Iniziano i festeggiamenti; Gromit che forse ha frainteso afferra il guinzaglio e chiede di andare immediatamente a Genova.  Subito dopo, però, S. aggiunge la postilla di una sua preferenza per tale Cresta delle Colme.  Cadiamo tutti in preda allo sconforto. Purtroppo, è tornato in sé.
Amici hanno di recente visitato un paio di simpatici montarozzi della Valgrana.  Le due vette paiono compatibili con il mio approccio migliorista: salirne una vorrebbe dire fare quei 900 metri di dislivello che in questo momento considero la giusta dose per le mie gambe.  In M. attizzano, invece, l’istinto del cacciatore di cime essendovi la possibilità di aggiungerne almeno un paio al suo personale carnet.
La trattativa va in porto con una certa facilità: la Soundmobile parte baldanzosa (è un ossimoro, lo so!) verso il Colle Fauniera, poco prima del quale si trova il Gias Serour (1820) da dove attacca il nostro sentiero.
Arriviamo a S. Martino in modo stranamente regolare. Comincio, quindi,  a temere il peggio. Ed infatti, la nemesi colpisce.  Poco sopra l’oscuro paesello, la strada risulta inesorabilmente sbarrata da un magollo fresco di frana.
Tentiamo inutilmente di convincere S. a andar su dritto per prati: in fondo si tratta solo di un centinaio di metri di dislivello e la Soundmobile ci ha abituati a ben altre imprese.  Purtroppo, però, il kit ACME per la propulsione a curvatura è rimasto in garage insieme alle cassette dei Looney Tunes.  Rimane comunque il famigerato piano B.   S. indossa il costume da uomo-cannone, deciso a farsi lanciare dalla spingarda di poppa direttamente al Colle Salvè. Per una serie di sfortunate coincidenze, M. sbaglia la dose di balistite nel mascolo. Il tiro riesce quindi un pelino corto e il proiettile umano non va oltre ad un pur magistrale atterraggio d’emergenza nel ruscello sottostante.
Visti i risultati dell’artiglieria, ci rassegniamo a camminare.  In effetti, scesi dall’auto, tutti scattano come lepri.  Dal canto mio, me ne guardo bene. I 900 metri che mi ero prefisso,  a questo punto finiscono al Colle Salvé che quota circa 2400: colà piazzo il mio traguardo di giornata. Intanto, l’ incombente presenza del glorioso Fauniera mi induce a riconsiderare le strategie dei grandi del passato;  salgo dunque col mio passo, puntando a risparmiare le energia necessarie per umiliare scalatori e neuroscattisti nella decisiva cronometro del sabato dopo.



Inzio della salita




La salita non è nulla di speciale, ma ad un certo punto il terreno si fa un po’ più scosceso ed accidentato e faccio la mia brava fatica.  Nel frattempo, i miei compari, del tutto digiuni di strategia, stanno ingenuamente dando il tutto per tutto e risultano già dispersi oltre la linea dell’orizzonte.
Al colle trovo solo la nebbia che – eliminato ogni possibile panorama - mi convince definitivamente a lasciar perdere la cima e dedicarmi al parmigiano. Per la verità, ad aspettare i miei soci ci rimango anche un bel po’; e precisamente sino a quando mi convinco che la cordata di punta ne abbia combinata qualcuna delle sue e stia  vagando per qualche insospettabile (e sbagliato) versante. Visto che il tempo continua a peggiorare e sembra mettersi a piovere, concludo che la soluzione migliore è quella di scendere alla macchina.
Mi avvio; persi un centinaio di metri, sento rumore. Mi volto, e vedo venir giù dal colle il buon A.. La rimanente truppa vaga, senza apparente meta, sulla cresta.
Completate le operazioni prandiali, dopo un po’ di attesa e vari urlacci, il gruppo si compatta nuovamente e procede a ranghi serrati in vista del traguardo.
Il tempo si è riaperto, e possiamo goderci la tranquilla discesa per prati e boschetti.
Al traguardo niente miss, solo un’anziana ex postegrafonica di Carugate che mostra al povero S. le sue onuste grazie. Disgustati, ci rifugiamo sulla Soundmobile.
S. inserisce opportunamente i postbruciatori, che in pochi attimi ci scaraventano lontano dalla matrona.
Dopo le consuete e fantasiose divagazioni nel cuneese perveniamo alle nostre case in tempo per colazione.

Gita tutto sommato in tono minore, ma in una primavera così maccajosa, anche questo ci sta.

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