Cinquanta sfumature di Gromit




Ci sono montagne che, in qualche maniera, ti sfuggono. Almeno nel mio caso, non sono mai montagne poco note o particolari. Per un’appenninista incallito, salire per la prima volta il Ramaceto dopo i 30 è cosa alquanto originale. Lo stesso vale per il Mongioie, incredibilmente mai raggiunto e – per la verità – neppure tentato.
Così, dopo 12 anni di vacanze a Chamois, non so bene perché non sono mai salito sul Bec de Nannaz, in arte anche Falconetta. La sola scusa è la presenza più o meno costante di quadrupedi non arrampicanti, e poi la preoccupazione di non sforzare le ginocchia sul tratto dal Col de Nannaz alla vetta. Alla fine, è toccato passare dalla Val d’ Ayas per riuscire in cotanta impresa.
Quando alle 9 del mattino sbarchiamo a Mandriou, le unanimi previsioni di bel tempo sono clamorosamente smentite da una compatta coltre di nubi basse che – insieme con i trascorsi – mi induce a concludere ch’è destino che io sul Bec proprio non ci debba salire. Cerco meschinamente di approfittare delle incertezze di F. per mettere a tacere la mia cattiva coscienza (papà assente alla vigilia del primo giorno di liceo di Stefania e del primo giorno di medie di Ricky): mi associo vigliaccamente alla sua proposta di  immediato rientro. Fortunatamente per me (ma non per F.) gli altri mi convincono che già che siamo lì almeno val la pena di far due passi, così, senz’impegno.  E’ chiaro che intendono sfidare il destino come il povero Wilson nel 1934. Indispettito ma anche no, infilo le protesi e m’intruppo con gli altri.
Superata la Ca’ Zena entriamo direttamente nei Tumulilande. A stento vediamo la punta degli scarponi. Mentre mi esibisco in un numero di navigazione a vista di alta scuola, Sound mi scambia per Queequeg e mi intima di fiocinare una massa biancastra che si intravvede nel lepego.  Senza esitare lancio la racchetta destra. La povera F, pochi passi più avanti si accascia al suolo. Mentre Gromit la soccorre da par suo,  porto abilmente il Pequod  ad arenarsi al pianterreno di un alpeggio dove la scritta “2300 mt” ci comunica che ne  restano da salire ancora 700. A qual punto, i più facinorosi decidono di tentare la sorte dal Col de Nannaz; noi, consapevoli dei nostri limiti, proseguiamo per la nostra strada.  Quasi nessuno crede che ci ritroveremo prima di notte. Dove, poi, questo possa accadere, ci è totalmente ignoto.
Mentre stiamo percorrendo quello che ci pare un traverso a mezza costa (ma, per la verità, potremmo essere dovunque) pertusiamo le nuvole e ci troviamo in pieno sole. Lo Zerbion sembra uno scoglio nel mezzo di una mareggiata.




La salita a quel punto si impenna; il sentiero è abbastanza disordinato e i gradini cominciano a picchiare sulle ginocchia. Chi è pieno di energie, è il buon Gromit che – indebitamente provocato da strilletti e risolini - decide di puntare sulla F., con la cui gamba convola finalmente a giuste nozze.
Malgrado il quasi mese di inattività e la cabala, la spunto e arrivo in cima faticando un po’ più che su Chaberton e Thabor, ma neanche troppo.  Incredibilmente il gruppo di pseudoalpinisti è arrivato sulla nostra stessa vetta:  concludiamo che potrebbe quindi trattarsi effettivamente del Bec de Nannaz. Intanto il tempo si è del tutto spacciato e ci gustiamo un panorama mozzafiato.  Per festeggiare, salto il pranzo. Nell’imbarazzo generale Gromit e F. continuano intanto imperterriti a pomiciare nelle posizioni più astruse. 




Mentre attacchiamo la discesa, il Siffredi a quattrozampe chiede alla sua bella la prova d’amore. I due esagerano con la creatività, tanto che alla tapina esce di posto il ginocchio.
Vengo diffidato dal portare a termine una manovra che, con l’impiego di uno spillone intinto nel curaro risolverebbe con rapidità ed efficienza il problema ortopedico .  Essendo io responsabile delle mattaje del mio fedele compare, vengo costretto con le cattive a prestare ad F. una delle mie due ginocchiere. Rifiuto categoricamente di partecipare all’installazione, e mi incammino non poco preoccupato verso valle. Raggiunto un gias sottostante vengo sorpreso da A. mentre sto ricavando nell’innocuo prato una trappola vietcong.  Nego tutto, ma alla fine vengo costretto rimuovere zolle, graticcio e pali appuntiti appositamente predisposti per F. Anche la borraccia piena di acido muriatico viene incredibilmente intercettata da C.; dato che il malgaro non vuol saperne di comprarsi F. neppure pagandola in 384 comode rate,  organizziamo il trasporto a valle dell’infortunata. S. raccoglie tibia e perone e si avvia verso l’auto per poi risalire a recuperare le restanti parti. Tento un’ultima disperata soluzione aizzando inutilmente un toro da monta da mezza tonnellata, ma anche lui si  rifiuta sdegnato di portare a compimento l’ ormai segnato destino della zoppa.
Miracolosamente, S. riesce ad imboccare la sterrata giusta.  Constatata la chiusura di Prato Zanino e di Quarto decide per un rapido trasbordo di F. alla Casa della Vergine di Alà dei Sardi e imbocca sgommando la discesa verso Verrès. Furbescamente, al primo bivio svoltiamo nella direzione opposta. La cerca di una bettola in cui dissetarci ci conduce in un bar gestito da due catatoniche caricature di Mario Merola.  Ordino una Panachée.  Silenzio.  Con pazienza pari solo alla mia infinita classe, cambio ordinazione e chiedo una birra + una gazzosa.  Il woodstockiano A., intanto chiede una disusa “acqua brillante”.  La femmina di cercopiteco convince  il maschio che la schweppes grande è  acqua brillante e quella piccola gazzosa. Disperato, devo fingere di aver cambiato idea e chiedere, scusandomi, una Sprite al posto della gazzosa. In qualche modo riesco a ottenerla, la mescolo alla birra davanti all’attonito aborigeno, pago e me ne vado. Il bar è pieno di gagliardetti della Juve.  Ora capisco.
La Turbinosa,  col solito modesto consumo di 9 litri/100 km ci scarica a Genova. Compilati i moduli per il leasing della benzina, gli amici mi salutano e proseguo per Recco.
Gromit si accomoda in sala ed apre un romanzetto porno che va per la maggiore. Mi guarda sogghignando, mi strizza un occhio e si addormenta.
Una domenica da cani.

Commenti

Post più popolari