Alla ricerca del tempo perduto


Lungo la traversata verso il Bezzi




Aldo è stato, per tantissimi anni, mio compagno di gite; ed è uno dei miei più cari amici.  Negli ultimi anni, il moltiplicarsi di impegni personali e familiari ha, di fatto, interrotto il nostro sodalizio escursionistico. Lui va per monti con la famiglia; i miei figli, invece, hanno altre priorità; così le nostre strade si sono un po’ divise. Dopo un po’, mi sono rassegnato e ho cercato altre persone con cui fare gite.
Angelo era con noi nel ’94, quando anche con Maria Grazia e Piero attravesammo l’Oberland.   Inutile dire quanto fu entusiasmante quella gita. L’anno dopo, una cistite con febbrone da cavallo mi impedì di partire per la Vanoise, dove poi ho portato in Route il Clan del Ge XI.  Angelo si è poi trasferito in Sardegna  e le possibilità di incontro, da allora, sono state davvero pochine. In un paio di occasioni era sfumata la possibilità di fare un giro di qualche giorno assieme.
Così, questa volta è stato davvero un piacere enorme che tutte le tessere del mosaico si inserissero al loro posto.  Una mail di Aldo mi annuncia che Angelo viene in continente per fare un trekking di qualche giorno nella zona del Gran Paradiso con un amico e le rispettive figlie. Aldo propone di affiancarci con le nostre famiglie per un paio di giorni.
Stefania accetta con entusiasmo; Marina e Riccardo preferiscono la spiaggia. E’ già qualcosa.
Il prezzo della benzina,  decisamente alto, ci convince ad economizzare sul viaggio, che si preannuncia assai costoso. Così la mattina del 7 approfittiamo della capienza della Zafira per stivarci in 6 più zaini.
Arrivare in Valgrisenche è realmente infinito; in più per economizzare sul pedaggio ho la bella pensata di uscire subito prima di Aosta, col risultato che la classica serie di indicazioni confuse ed approssimative mi spedisce dritto verso il Gran San Bernardo… poco male, con un rapido (si fa per dire) dietrofront ci rimettiamo alla via e imbocchiamo la nostra vallata…
Con un po’ di saliscendi arriviamo a posteggiare la macchina a Usellières.  Aspettiamo l’arrivo di Angelo,  amico e rispettive figlie, che dovrebbero esser sbarcati in mattinata dalla Sardegna.
Nell’attesa riusciamo a farci redarguire da un gruppetto di locali per aver calpestato l’erba del prato sul ciglio della strada.  Hanno ragione, ma la fanno un po’ grossa…
Alla fine il buon Angelo e il suo compare arrivano. Mangiamo qualcosa di veloce e ci avviamo verso lo Chalet de L’Epée. Per scorciare la salita tiriamo su dritti per un’esile traccia nei prati (alla faccia dei cerberi giù in basso) e raggiungiamo una baita in ristrutturazione, poco sopra la quale incrociamo una carrareccia. Seguendo la segnaletica, imbocchiamo un sentiero che rimonta dolcemente nella pineta. La bassa forza richiede a gran voce un’ ulteriore sosta spuntino… come dire di no?
Usciti dal bosco, arriviamo senza fatica in vista dello Chalet.   



All'uscita del bosco, prima dell'ultima rampetta verso lo Chalet de l' Epée



Un buon profumo di spezzatino ci accoglie lasciandoci immaginare una cena all’altezza della situazione. Ben presto, però, comincia a farci strada un fastidioso odore di bruciato… addio polenta???
Ci sistemiamo nelle stanze. Per Stefania, è la prima notte in rifugio, ed è ovviamente un po’ eccitata e anche curiosa. Ammazzo il tempo leggendo attentamente un prezioso censimento delle marmotte nelle alpi occidentali, pensando che forse Gromit sarebbe interessato ad averne una copia.
Arriva così l’ora della cena. Le cose prendono un piega drammatica: il gestore (tacendo sulla orribile fine fatta dalla polenta concia) la prende larga dicendo che purtroppo ha sbagliato il rifornimento di pasta e ci propone in alternativa una zuppa che – per quanto possa esser buona – non è proprio la stessa cosa.
Tra il serio ed il faceto, borbotto una minaccia in chiaro stile mafioso, che evidentemente coglie nel segno: veniamo infatti letteralmente coperti di dosi massicce di “rinforzini” che aggiunti alla squisita carne rendono decisamente soddisfacente la nostra cena.
Cena che è allietata dall’amicizia tra noi adulti e da quella tra i nostri ragazzi. Come d’uso in questi casi, si parla del più e del meno, a volte anche dei massimi sistemi… ma in fondo le chiacchiere, come le carte, sono solo il pretesto per condividere il piacere antico di sedere allo stesso tavolo alla fine della giornata. E non venitemi a dire che la televisione è la stessa cosa…
Venuta l’ora di andare a letto, cerco inutilmente nello zaino il Clenil… è rimasto a casa! Non posso proprio farci niente, e così mi butto in branda, sperando che la polvere non mi dia troppo fastidio.
Al mattino, come prevedibile, sono abbastanza “tappato” dall’allergia ma posso farcela… Nubi basse e acquerugiola… le previsioni, però, dicono anche che si aprirà.
Così, appena spiove ci mettiamo gli zaini in spalla e partiamo.  Vogliamo percorrere il panoramico tratto dell’ HRG che attraversa, con qualche saliscendi, sino al Rif. Bezzi, da dove poi Angelo ed il suo amico proseguiranno il loro trek. Saliamo appena, e faccio decisamente più fatica del dovuto… pazienza… attraversata una valletta su una passerella rimontiamo rapidamente per superare una crestina,






Sotto la salita


per poi scendere nuovamente verso un secondo torrentello dove, però, il ponte non c’è più. 
 Il problema non è tanto quello di guadare quanto quello di entrare ed uscire dal letto del rio, scavato tra due pareti di terriccio abbastanza profonde e molto instabili. Aldo cerca un passaggio utile un bel po’ più in alto; a noi  pare meglio scendere di qualche metro. In effetti riusciamo a passare dell’altra parte abbastanza facilmente e attraversiamo in piano sino a raggiungere di nuovo il sentiero.
Inizia un lungo traverso a mezzacosta, lungo il quale dobbiamo attraversare anche qualche nevato abbastanza insidioso.  Arriviamo così alla base della salitella che ci porterà a scavalcare un’ultimo pendio erboso dietro il quale, in basso si trova il Bezzi.  I ragazzi decidono che è ora di pranzare. Acconsentiamo di buon grado.
Dopo pranzo non ci resta che l’ultimo panoramicissimo tratto di leggera salita, al termine del quale mi invento un’assurda deviazione per raggiungere, pochi metri più in alto, la cima del Mont Vaudet, e poter affermare di aver toccato una vetta.
Il Rif. Bezzi ora è sotto di noi, in un ambiente severo, che purtroppo risente non poco del ben noto ritiro dei ghiacciai.  Decidiamo di concludere la gita condividendo un bicchiere al rifugio, dove ho anche il piacere di incontrare E. ed un suo amico, di ritorno da un paio di vette dei dintorni.
Intanto cominciamo a pensare che l’anno prossimo, magari, si potrebbe vedere di organizzare qualche giorno in più… si parla di Norvegia e chissà… ma, in fondo, non è così importante: anche se non sarà Norvegia , qualcosa faremo, sarebbe un peccato non dare un seguito a questi due bei giorni passati assieme!
Ci salutiamo, decidendo di rivederci alla fine del trekking di Angelo.  Un  giro focaccia da Vitturin sarà il degno terzo tempo di questa gita.
Io, Aldo e Maria Grazia ci incamminiamo verso il fondo valle con i nostri ragazzi, ricordando altre gite e i tanti bei momenti passati assieme. Loro stanno per partire per l’America, dove si fermeranno quattro mesi. Tra impegni di lavoro e ferie non ci sarà tempo per fare altro.




... che dire... ci è o ci fa?



Quando ce ne sarà la possibilità, spero che Stefania, che tra scuola e ginnastica è sempre superimpegnata questo tempo sappia/voglia trovarlo… è un peccato rinunciare a questi momenti!

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