Un cane solo al comando

Panorama dalla vetta - Fotografia di Roby49




Saltato un impegno familiare, mi ritrovo con facoltà di gita. Che nel frattempo risulta fissata, in onore di A., in zona cuneese. Vengono proposti e controproposti una serie di ignobili montarozzi che non compaiono neppure sulle piantine catastali; alla fine si opta per una certa Peracontard il cui principale pregio pare esser quello della vicinanza ad una nota pasticceria di Demonte.
Parte un turbine di post, MP, telefonate, sms ed e.mail con relativi inserimenti e rinunce dell’ultima ora. Solo grazie agli appunti di Gromit riesco ad imbroccare l’appuntamento, che è per le 6.15 davanti al Saturn. Numero di partecipanti, imprecisato; sulla Zafira si contano il quattrozampe + 3 umani – il posto vuoto è per A. che si imbarcherà presso lo sperduto Santuario di Fontanelle, estremo baluardo della civiltà prima delle badlands della Provincia Granda, dove i riti voodoo si sostuiscono alla pietas mariana.

La partenza antelucana serve – ovviamente – solo a testare circa 12 tra autogrill e pasticcerie sparsi lungo il percorso. L., che ha predisposto un’approfondita scheda analitico-comparativa sul cannolo, si da un gran daffare e degusta schioccando la lingua la crema pasticcera. Lo estraiamo a forza dall’ultima bottega al limitare delle terre selvagge, nelle quali riusciamo ad inoltrarci solo alle 10.

Gromit, capogita per vocazione ed elezione, si piazza senza esitare al comando della truppa, menandoci verso le magnifiche e progressive sorti che ci attendono più in alto. Nel frattempo, chiarisce posizioni e ruoli da par suo; i più esperti della materia seguono il mio consiglio e si muniscono di apposita trappetta; gli incolti e gli accidiosi vanno giustamente incontro al loro destino.
S., Giulietta della vicenda, accetta pazientemente le ferine intemperanze del suo baldo Romeo, confidando che il sentimento prevalga, alfin, sulla ratta.

A nessuno dei Filini di giornata è ovviamente venuto il dubbio che, sotto la neve schiacciata con le ciaspole dai nostri ciceroni, potesse esservi del robusto asfalto. Che calpestiamo, così, per un bel pezzo.
Sotto la discreta ma attenta guida di Gromit, la carovana arriva comunque alla fine della stradella. L’ineffabile conducator dopo aver regolato un paio di gitanti distratti, imbocca senza esitazioni la traccia che porta al colle sbagliato, seguito da umani estasiati dalla visione di una minuscola guglietta piantata per sbaglio a metà valico.

Pera Puntua - Foto di Soundofsilence


Dove, come da miglior tradizione, la truppa si divide. I più facinorosi arrampicano la Pera Puntua per poi calzare i ramponi e dirigersi sul panettone ghiacciato del Monte Gorfi.
Gromit ci conduce, invece, sulla più alta cima Peracontard, la quale risulta decisamente scoscesa in quanto, seguendo la relazione dei ciaspolatori, il Rodolfo Valentino delle cucce l’affronta – probabilmente – dal lato sbagliato, inerpicandosi per un ripido pendio erboso del tutto privo di tracce.

Bene o male arriviamo in cima; o, per meglio dire, andiamo a sbatterci; Gromit cerca di giustificare l’assurdo percorso seguito con la mancanza della montagna sulle carte topografiche e dichiara di aver ricevuto via radio astrusi ordini da P.; scopriamo in realtà che durante la salita – invece di preoccuparsi della rotta - si era appartato nei rododendri con S, scolandosi un intera fiaschetta di slivovitz.
Punito l’inaffidabile canino con il necessario provvedimento cautelare, possiamo tornare all’ attività principale del programma: si mangia. La sottosezione femminile estrae dolci di varie fogge, che vengono ingurgitati dagli astanti in men che non si dica.

Gromit sanzionato per incapacità e abbandono di nave - Foto di Roby49

Ed è un bene, perché, a pancia piena, si ragiona meglio. Il pendio di neve ghiacciata dell’altro versante raffredda gli ardori dei cacciatori di vette. Proseguire dall’altra parte sarebbe, in realtà possibile con gli opportuni accorgimenti (traverso più in basso), ma ora e condizioni psicosomatiche della truppa lo sconsigliano.
Scattate le foto di rito, scendiamo nuovamente per quella che ormai è destinata a divenire la via Gromit alla Peracontard.

Al terzo passo, F. accusa dolori lancinanti al ginocchio affermando esserle uscito un osso. Gromit cerca, a modo suo, di rimetterlo a posto; il suo tentativo viene, chissà perché, frainteso. Sdegnato, divalla, abbandonando la naufraga al suo destino.
Per quanto mi riguarda, so bene cosa va fatto in questi casi. Tengo la retroguardia aspettando l’occasione per por fine alle sofferenze della zoppa ed ormai inutile F. Mi lascio superare, e appena mi volta le spalle, impugno la racchetta per fiocinarla nella nuca. Il resto della truppa, impegnato in una gang-bang con Gromit, sospende i lavori e mi segnala però di lasciar perdere.
Deluso, fingo di pulire l’attrezzo e accompagno la ranga tra le pazienti braccia di S. e di L. che la sorreggono sino allo sterrato, dove – miracolo! – riprende a camminare di buona lena.
Si rivela quindi non necessario l’eroico tentativo di D e A, che – con la flemma necessaria a rendere almeno possibile la pregressa morte per assideramento dell’ importuna – risalgono in auto la strada per caricare F.

Gromit, immalinconito dalla sufficienza e dalle ingiuste accuse, pascola solitario nei pressi delle macchine, chiedendosi perché mai gli umani non apprezzino il meraviglioso profumo del letame in cui si è appena ruzzolato. Con una vigliacca manovra di aggiramento lo agguanto per il collare e, turandomi il naso, lo carico di peso nel trasportino.
Anche gli umani salgono a bordo. E’ palese che tutta la gita è stata solo una meschina messinscena tirata su per giustificare gli sviluppi ipercalorici cui possono ora, finalmente, dedicarsi. Mentre con la mia solita modestia mi scolo una miseranda Becks da soli 33 cl, gli altri si scaraventano senza alcun ritegno su vassoi di cannoli, paste e pasticcini. I più depravati si danno adirittura al gelato. L., inesausto, si porta i compiti a casa ed esce dal locale esibendo, con aria ebete, un vassoietto di paste imbottite di trigliceridi.

Il viaggio di ritorno è pesantuccio, almeno per me. Il primo sintomo che qualcosa non va è l’inopinata decisione di bermi un chinotto all’autogrill. A seguire dolori ventrali, anguscia, stanchezza. Segue un intero giorno passato in branda a delirare come il vecchio Clint dopo le 72 miglia di deserto.
Ma posso star tranquillo.
In fondo, il mio miglior nemico veglia su di me.

Commenti

Post più popolari