Much Ado About Nothing

Dalla vetta dell' Aiona, nel cono d'ombra.



Un’innocua discussione sulla destinazione della solita gita del fine settimana termina con l’autosospensione di L.  
S. si dispera, sentendosi in colpa, e decide di autosospendersi a sua volta.
La situazione rimane  – appunto – autosospesa sino al sabato, quando finalmente S., minacciato di irruzione in casa, promette di presentarsi al demente appuntamento (7.40 al casello di Rapallo) che sono costretto ad imporre causa accompagnamento angusciusa al treno per Milano.

Lì giunto, noto che la giornata non sembra esattamente hawaiana: il termometro marca 0,5 gradi. 
Dal casello spunta, al consueto passo da esequie, la torpida  Soundmobile, protesi automobilistica del melanconico S.; oltre al suddetto ne sbarca un vistosamente perplesso A.. 
S., stavolta, ha portato solo l’essenziale: il suo bagaglio si riduce, quindi, al solito tascapane da 60 litri più borsone per scarponi, oltre quattro custodie per macchine fotografiche. Anche gli scarponi, stavolta, sono del numero giusto. La situazione è, quindi, preoccupante.
Durante il viaggio cerchiamo invano di convincere l’amico a rasserenarsi.  Niente da fare. Sbarchiamo e ricaviamo ulteriori motivi di preoccupazione dal fatto che S. è operativo in soli 45’.
Soltanto le effusioni via via sempre più ardite di Gromit sembrano scuoterlo dal suo stato catatonico.  
Quando ci accorgiamo che ci ha portato completamente fuori strada, cominciamo a sperare; la speranza si rafforza  quando decide per un’astrusa deviazione lungo il recinto delle Agoraie:  solo la nostra ostinazione nel seguire il percorso corretto gli impedisce di mandare la gita a carte quarantotto.
Intanto, lo aspettiamo al freddo per una buona mezzoretta: ricompare corricchiando; confessa di essersi un po’ incasinato sul pack glaciale della riserva e che il perimetro del recinto era un po’ più lungo di quello che pensava.  Quando ci mostra la improbabile cartina che lo ha guidato nella sua esplorazione ci tranquillizziamo: è tornato il solito vecchio Sound.
Circoscrette le sue improvvide digressioni, riusciamo bene o male ad arrancare sino a Prè di Lame, dove speriamo, uscendo dal versante in ombra, di incontrare  finalmente un raggio di sole. Ci dà invece il benvenuto la più classica delle nubi fantozziane, che si centrerà poi esattamente sui 10 mq dell’altopiano sommitale dove abbiamo deciso di pranzare.

Sound con l'equipaggiamento light scelto per questa gita


Intanto Gromit si da fare col suo ritrovato amorazzo, il quale si finge sdegnato ma di fatto rifiuta di utilizzare l’apposita trappetta di cui il saggio A. si è sin dall’inizio munito.
L’estrazione dallo zaino di un intero catalogo di cibo spazzatura, compreso un ectoplasmatico tiramisù ucraino con la data di scadenza corretta a penna, ci dà la definitiva conferma  del ritrovamento del nostro capogita ideale.

In discesa scegliamo stupidamente la mainstreet per Magnasco, che si rivela un urfido fiume di foglie secche su fondale di pietre mosse e ghacciate.  Mi maledico per non aver proposto di passare dalla Cappella delle Lame, come inizialmente pensavo.
Dopo una sosta richiesta dai due innamorati, che si danno alla rituale fuitina lungo le sponde di un anonimo laghetto e tornano ben venti minuti dopo appallottolati in un unico mallocco di fango, arriviamo finalmente al Lago.

Con mossa felina agguanto Gollum e lo schiaffo nel bagagliaio. S., dopo aver coronato il suo sogno d’amore, è finalmente rilassato; ingoia addirittura una media al classico Bar degli Amici di Rezzoaglio.
Si rientra, ma il peggio mi aspetta.
Suocera in casa e sconfitta nel derby nella stessa serata sono troppo, per chiunque.
Ma un vero uomo resiste, col sorriso sulle labbra.

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