I lazzaroni

Panorama dalla vetta del Dubasso

Ci sono posti e gite che parlano al cuore.
Sull’Armetta ero già stato un paio di anni fa, con P. ed un paio di suoi amici. Erano, anche allora, i primi di  dicembre; la stagione era, però, un bel po’ diversa da questa.
Luce radente, cielo, mare, neve… ho un debole per panorami e spazi aperti.

Quando S. – che aborre la mancanza di guglie, torrioni e pinnacoli - si defila, io, L. ed  A. ne approfittiamo per imbandire questa gita lungo i dolci pendii similappenninici di Dubasso e Armetta.
La partenza, per una volta, è ad un’ ora umana. Il viaggio, quasi identico a quello percorso (nostro malgrado) per andare al Saccarello. Stavolta, però, tutto scorre regolare e senza intoppi.
A Madonna del Lago, la temperatura non è nemmeno troppo fredda. La giornata è limpida, e promette bene. 


Dalla Madonna del Lago, panorama verso il mare

Cominciamo a camminare tranquillamente su per una stradella cementata, che diventa prima sterrata e poi sentiero. Ci infiliamo in una valletta di faggi nemmeno troppo bella, se non fosse per qualche struttura rocciosa che spunta qua e là sulla cresta soprastante.


Salendo verso il Dubasso

Il sentiero è segnato maluccio e in almeno un paio di occasioni bisogna stare attenti a svolte non proprio ovvie. Azzeccata la seconda, la traccia diventa ripida. La fatica, però, è breve: in pochi minuti spuntiamo sulle pianette sommitali. Bello il panorama.


In vetta al Dubasso

Dal Dubasso si scende per pendii erbosi sino alla Colla di San Bernardo – c’ero già stato – e si risal (irebb)e senza grossa fatica all’ Armetta. Noi, però, andiamo su un po’ a cavolo e così riusciamo a spararci una rampa per la massima pendenza. 

Verso la cima dell' Armetta


Dalla cima panorama ancora migliore che dal Dubasso. La temperatura comunque è mite, e pranziamo.
Gromit attende sagacemente i primi metri di discesa per tendere il solito infame agguato al povero A. che resiste come può, mentre L. sbandiera l’apposita trappetta. Proseguiamo chiacchierando del più e del meno, tutto è davvero molto piacevole: compagnia, posti, atmosfera.


Verso la Colla



Tornati alla Colla imbocchiamo la placida sterrata che ci riporta all’auto dopo aver rasentato serie di belle strutture rocciose, presumibili palestre d’arrampicata.
Per una volta siamo alla macchina ad un orario decente. Gromit – distratto dal clima idilliaco -  si comporta in modo ragionevole: riusciamo ad imbarcarlo senza ricorrere a numeri da circo. Ci cambiamo con calma, puntando alla più classica delle soste tecniche, che avviene in un baretto della bella Caprauna. Persino la barista sembra gentile.
Realizziamo di non aver raggiunto il minimo sindacale di 1000 metri di dislivello: ma la Moretti è nel boccale;  ravioli al sugo e Romigberg attendono a casa.
1000 metri?  A cosa servono?

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