The black bomber hits again


Dalla vetta del Saccarello

Il buon dì si vede dal mattino. 
Ed infatti, la sveglia non suona. Nel dormiveglia, intravvedo inorridito che il display marca la bellezza delle 05.29.  Scatto quasi felino. Mi catapulto dal letto e, come il buon vecchio Fantozzi, in 3’ netti salgo sulla Bianchina. Mentre mi sto compiacendo con me stesso, mi rendo conto che in casa sono rimasti – in ordine sparso – Gromit, ramponi e colazione estraibile.
 
Rapido dietro front. Rimonto rapidamente le scale. Per ramponi e biscotti non c’è problema.  Per Gromit, ovviamente, sì. Lo chiamo dolcemente, sussurrandogli inenarrabili promesse di torridi momenti con S., ma il malmostoso fa vedere da subito di essere in giornata, e sfodera il meglio del suo repertorio. Il quattrozampe non spunta fuori da nessuna parte. Lo cerco, inutilmente, negli angoli più reconditi della casa, ma tant’è. Proprio mentre (non troppo dispiaciuto) sto tentando di filarmela all’inglese, vengo sgamato  da mia moglie che, semiaddormentata mi borbotta: "è qui".  Il fedifrago finge squallidamente di dormire con la testa infilata sotto al letto (se non vedi, non puoi essere visto); ma, repentinamente agganciato al guinzaglio, non può proseguire ulteriormente la manfrina e mi segue, rassegnato, come un vitellino al macello. Irrrorati spocchiosamente i cerchi in lega della turbinosa, mi guarda con espressione disgustata. Anch’io lo guardo. Tutti e due ci guardiamo. Alla fine, con uno scatto lo prendo di peso e lo carico nel bagagliaio. L’ultimo sguardo non prometteva nulla di buono. E infatti, a Nervi ha già sganciato la prima delle innumerevoli e dispettose puzzette che benediranno il viaggio sia all’andata che al ritorno. 

Gromit in zona di operazioni

Intanto sono le 6 e cinque; S., preoccupato dalla vaghezza del nostro appuntamento, telefona per chieder lumi. Assicuro che sono quasi a Genova Est e che arriverò in pochi attimi in Corso de Stefanis.  Imboccato il quale, lo vedo - alquanto allampanato - consultare una cartina stradale in cerca del più veloce itinerario a piedi verso Monesi. Lo recupero mentre si sta dirigendo con fare deciso verso La Spezia. Con poche, ma sagge parole lo convinco a salire; ci precipitiamo a recuperare l’ormai rassegnato A.  Siamo, intanto, quasi alla mezza. Poco male. Certo di recuperare il tempo perduto, imbocco baldanzosamente l’autostrada.

Preso dalle chiacchiere e stordito dalle proditorie esalazioni del quattro zampe, mi dimentico che l’ A6 comincia a Savona e tiro dritto.  Dopo accurati calcoli, concludiamo che a quel punto tanto vale uscire ad Albenga, cosa che facciamo in men che non si dica. Certi della bontà della nostra scelta, andiamo decisi verso Garessio e poi verso la Colla di Caprauna. La strada, nel frattempo, si restringe sempre più sino a diventare un budello tortuoso. Dopo  456123874 curve e tornanti sbuchiamo poco sotto al Colle di Nava, dove appare il primo rettilineo di giornata. 
Peccato che nel frattempo qualcuno abbia avuto la strampalata idea di chiudere la strada per Monesi. I dannati navigatori sono spenti negli zaini. Consultiamo carte e cartine e, avviliti, andiamo in cerca del percorso alternativo che ci porterà a Monesi con soli 8 km in più di demenziali serpentine per colli, valli e paesini dimenticati da Dio.
Un’ampia discussione ci porta a concludere che, nel frattempo, la mia idea di fare l’ alta via da S. Bernardo al Passo Tanarello è irrealizzabile. Umiliato, abbozzo. 

La ricerca dell’attacco del sentiero è presto risolta da un cartello stradale che indica il Saccarello. Imbocchiamo la strada che, imperterrita, continua ad essere asfaltata. Appena l’asfalto finisce, ingenuamente scendiamo e, completato il travestimento da escursionisti, iniziamo a camminare. Sono le 9.
Il neofita A. ingenuamente decide di abbandonarsi a inopportune confidenze con Gromit. Che ne trae ovviamente spunto per passare a vie di fatto appena un  paio di tornanti sopra.
Dietro la curva, lo sterro finisce e la strada prosegue bellamente lastricata di cemento. Mentre Gromit fa gli omaggi della casa ad A. (senza trascurare S., che, fornito di apposita trappetta dimostra di non saperla usare) comincio a fare i conti con uno stato psicofisico alquanto scadente. Una lente a contatto si accartoccia nell’occhio, la cervicale non mi dà tregua, mi gira la testa, mi fanno male le spalle ed il ginocchio; appena accelero al di sopra del passo da pensionato in cerca di panchina, partono tachicardia e male lo stomaco. Dietro una gamba sento un leggero dolore; e sono certo di essermi fatto uno strappo.  Per completare la sofferenza, noto un gruppetto di ineffabili gitanti parcheggiare almeno 3-4 chilometri e 300 metri di dislivello sopra di noi. Le mie maledizioni servono a qualcosa, in quanto i furbastri, che cercano di seguirci,  vengono stroncati dal nostro ritmo furibondo e rientrano alla Panda con la coda tra le gambe.
Stoicamente raggiungo il Passo Tanarello, quotato ben 2045 metri, dove lascio andare amici e cane su tale Cima Ventosa. Ripresa la retta via, con un piccolo saliscendi (che ci fa probabilmente passare sull’ irrilevabile M. Tanarello) arriviamo a pestare la neve dura che ci porterà sino alla prestigiosa conquista della vetta più alta della Liguria.
S. manifesta subito la sua idiosincrasia per l’infido terreno minacciando di tirar fuori le 7 paia di ramponi che riempiono il suo 90 litri; A. incede rassegnato; Gromit progetta nuovi attacchi; io controllo sagacemente il ritmo come il buon vecchio Anquetil sul Pordoi.
O di riffa o di raffa arriviamo nei pressi del Redentore, dove abbiamo il piacere di imbatterci in due fuoristrada da 50.000 € pilotati da due idrocefali afflitti da evidente sproporzione tra portafogli e capacità di guida.

Verso il Redentore - notare l'auto di un imbecille poco sopra il tornante


I due Kankkunen de noantri completano un' improponibile inversione ad U nel tornantino prima della vetta; dopodiché sgommano via, soddisfatti dell’eroica impresa d’esser arrivati sin lassù grazie a trazione integrale e pneumatici del costo di una villetta in riviera. Il quadretto viene poi completato da un paio di semiritardati con moto e quad che, grazie a Dio, si levano dai piedi abbastanza alla svelta da lasciarci godere atmosfera e panorama. 

Soundofsilence in vetta, guarda preoccupato la kryptonite bianca


Neutralizzato il John Holmes a quattrozampe, mangiamo al sole. Altri due forumisti sbucano dall’Alta Via; provengono da San Bernardo. 

Dalla vetta, vista verso il Redentore.  Dietro, il Fronté


Terminati convenevoli e chiacchiere, li salutiamo e ci dirigiamo stoicamente verso il Fronté.

Aldo51 e Soundofsilence in azione verso il Fronté.

Superato il Rif. Sanremo

Rif. Sanremo e M. Fronté
 
(rigorosamente chiuso), sbuchiamo al Passo Garlenda. C’è un bel sole caldo, il panorama sulle Liguri dal Pizzo al Marguareis è spettacolare. Rammento che da Aprile ad oggi solo una volta ho salito anche la seconda cima di giornata; e, usando la scaramanzia come scusa, mi piazzo al sole mentre gli inesausti cacciatori di vette salgono in punta seguiti dal canide, che in preda a foie di selvaggia lussuria li segue, inesauribile ed inesorabile.

Ancora il Fronté, dai pressi del Passo Garlenda


Ricompattato il gruppo, scendiamo alla bell’e meglio alla macchina.
La pratica sarebbe chiusa, se non fosse per Gromit che, acuegatosi a debita distanza dalla Zafira,  entra in modalità sfinge. Anche la soluzione più estrema, già tentata con successo in altre situazioni (la pista di biscotti che termina nei pressi del portellone) non ottiene risultato alcuno.  Ad ogni tentativo di avvicinarsi, l’indisponente risponde spostandosi di un paio di passi più in là. S. propone la tattica del branco di lupi, già utilizzata con successo dagli u-boot tedeschi durante la battaglia dell’Atlantico. Accerchiato, il perfido fa una mossa sbagliata e arriva nei pressi di S, il quale, stupito, non sa che pesci prendere. Gli spiego che potrebbe convenientemente approfittare del collare di Mr. Houdini. Con sagace mossa, S. lo brinca e, trionfante me lo consegna. Visibilmente seccato, Gromit è costretto ad imbarcasi in macchina.

Enrosadira sulle Liguri



Il ritorno si svolge in modo regolare, a parte il piccolo dettaglio di un’allungatoia da 15 km spesi nei bricchi tra Monesi e Upega. Naufraghiamo in un bar-pasticceria di Ormea dove la Moretti di turno va incontro al suo destino.

Alle 8 sono a casa. Tento, speranzoso, di raggiungere la TV padronale per gustarmi il posticipo; ma è in corso la finale di non so che stramaledetto torneo di tennis, e vengo spedito sotto la doccia in attesa dalla ormai imminente fine del match. Riemergo tranquillo da lavaggio e ravioli, in fondo siamo si e no alla mezz’ora – e che volete che sia successo? Noi le partite le vinciamo nel secondo tempo!
Accendo. Il televisore inquadra Ibra, che si sta signorilmente scaccolando. L’inquadratura si allarga, è rigore. Bene! Ho acceso appena in tempo…  Lo zingaro spara in porta una cannonata tanto spaventosa quanto irresponsabile. Il tempo di esultare e lo sguardo di posa in alto a destra. Penso ad un errore, e mi avvicino. Siamo 4-0. Beh, in fondo mi sono perso solo 3 gol.
Con la coda tra le gambe, rinuncio al seguito e vado a collassare tra le lenzuola.
Entro in camera. Acciambellato, Gromit sogghigna e sgancia l’ultima puzza.
The black bomber hits again.
Davvero un gran giornata.


















Commenti

  1. oh, Madonna, questo Gromit! un po' di educazione! :D Cmq devi far i conti con S. è colpa sua se ho fatto i commenti! :)

    RispondiElimina

Posta un commento

Post più popolari