Rasciassa e GPS, ovvero delle pene d’amor perdute.


Dopo una squalifica che solo Ibra, il fedifrago Gromit – riabilitato d'ufficio dalla mia dolce metà -torna finalmente in campo. Trattasi, come noto, di attore consumato: da due mesi finge comportamenti esemplari. Molto italianamente, fa del vittimismo un' arte: se potesse parlare direbbe che sono comunista e che questa è la causa di tutti i suoi mali. Completa la recita rinunciando a fare resistenza all' imbarco sulla Zafira, malgrado siano le 4 del mattino.

S., coprotagonista di questo amore interrotto, e L. salgono a Staglieno. M., cui ho richiesto di portare idonea trappetta, a Voltri. All' autogrill di Altare, L. ingoia cannoli, focaccia e pizza (in ordine sparso); richiesto di spiegazioni, si giustifica con un singolo episodio di calo di zuccheri da lui sofferto in una precedente era geologica. Seguendo la petulante voce del navigatore raggiungiamo Sampeyre, dove azzecchiamo fortunosamente l'imbocco di un budello che con alcuni tornanti supera i 4500 metri di dislivello che ci separano dalla Madonna della Neve.

Il meteo è rivoltante. Nubi basse e nebbia tolgono ogni sentimento. Gioco la carta della disperazione. Lascio, volutamente, la reflex in macchina, sul presupposto che le più belle giornate escono proprio quando la dimentichi a casa. Il sacrificio, evidentemente, commuove Giove Pluvio, che ci grazierà per l'intera giornata.
Con grande dignità ci mettiamo in marcia nella direzione sbagliata. Una relazione risalente alla prima guerra punica racconta infatti di una sbarra da cui si staccherebbe il sentiero; peccato che quella che incontriamo non sia la sbarra giusta. Non dubitiamo dell'esattezza del nostro percorso e decidiamo coraggiosamente di completarlo affidandoci a qualcosa di simile ad un azimuth fatto col GPS. Strisciamo su per un pendio erboso seguendo due tizi che in realtà non sanno nemmeno loro che pesci prendere. Ci vedono seguirli e si convincono d'esser sulla strada giusta; noi li vediamo andare avanti e ci convinciamo d' esser sulla strada giusta. Li rivedremo poi, giustamente persi, vagare su un' innocua cresta che nulla ha a che vedere con alcuna destinazione umanamente concepibile.

Gromit, intanto, porge i saluti della ditta al povero S., che risolve la questione defilandosi a centrogruppo. Il romanticone, deluso, rinuncia, rimuginando tra sé sulle sue pene d'amor perdute: un mese e mezzo da Penelope per poi scoprire che il suo amato lo evita. L. rimpiazza S. a far l' andatura. Gromit parte all' assalto ma viene punito immediatamente e desiste. M., per sicurezza, gli sventola la trappetta sotto il naso.
Spuntino al lago di Luca, dove – nostro malgrado – ci ritroviamo sull' itinerario. Cerchiamo di perderlo salendo alla sperindio ma ci ritroviamo inspiegabilmente sul segnavia.
Primo caso in 40 anni di valico preso al mascone, il colle di Luca ci guarda sornione ad ore 2. Per arrivarci, macchie di neve che, nella prospettiva distorta dalla maccaja, evocano le tragedie dell' alpinismo dei pionieri. Traversiamo impavidamente ed arriviamo al colle.

Per la Rasciassa, si va sulla fiducia: nebbia e nubi lasciano solo intuire l'esistenza del conoide. L. e S., impavidi, partono all'attacco dell' immonda colata di sfasciumi. Io e M., dato il panorama imprendibile decidiamo per la fuga a valle. Rinunciamo, per mancanza di attrezzi, ad affrontare la meringa del Colle di Luca, inopinato muro di neve alto un paio di metri (!); aggirata la terminale scendiamo tranquillamente a valle e raggiungiamo la macchina.
Decidiamo finalmente di guardare la cartina e scopriamo di aver cappellato tutta la salita, ma chissenefrega: S. e L. arrivano in tempo per garantire la rituale birretta di finegita.

Il viaggio di ritorno è la degna prosecuzione della gita. Decido di rinunciare al navigatore, e nel giro di un quarto d'ora compiliamo il catasto delle strade senza sbocco dell'alto cuneese. Riattacchiamo il GPS e la donnina, offesa, ci fa percorrere un improponibile giro che, solo dopo una generale ribellione, riusciamo a concludere al casello di Mondovì – che, per chi non lo sapesse, è certamente l'entrata giusta dell' A6 per chi scenda dalla Val Varaita.
Veniamo graziati della coda. Procedura di sbarco, e verso le sette sono a casa. A tornare ci abbiamo messo appena quattro ore e mezza.
Tanto, non c'era mica fretta.

 

 

 

 

 

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