Basta che funzioni



La stampa musicale italiana (e non solo), purtroppo, ha gli stessi difetti di quella politica. Si elaborano tesi; e, sulla loro base, si modificano i fatti .

E così, ora, esce questo nuovo disco dei R. E. M.; e, dal postulato secondo il quale un gruppo che ha alle spalle più di 10 anni di carriera non può che ripetersi stancamente, si ricava la prova che trattasi solo di un discreto e modesto collage di eterognei reminders,  lasciati lì a ricordare grandezze passate.

Ci si può fidare di questi critici all' amatriciana?
Io dico di no, e quindi provo a ragionare con la mia testa.
E qualcosa succede.


Succede, ad esempio, che in caccia di nuove good vibrations, ti vai a cercare sui siti di un po' di riviste le classifiche dei migliori dischi del 2010.
Succede che, poiché non c'è nessuna indicazione precisa (salvo i sopravvalutatissimi e snobissimi Arcade Fire), essendo un tipo preciso (e scettico), ti fai un bel foglio excel, calcoli la media dei piazzamenti e, diciamo così, ti procuri i 4-5 CD più osannati dell' anno appena passato.
Succede che, dopo un primo ascolto, tra tutti questi non riesci a trovare una, dico una sola, canzone che ti rimanga in testa e che riascolteresti volentieri.
E succede che, dopo qualche giorno, li cancelli dall' IPOD, perché non lo fai per lavoro - e quindi chi te lo fa fare di sentire gli LCD Soundsystem?


Succede che passa un mesetto, ed ecco questo nuovo R. E. M., e, diciamo così, te lo procuri.
Succede che lo ascolti, e ti senti subito a tuo agio: parte il riff di chitarra di Discoverer e ti entra in testa.
Succede che arriva UBerlin e avverti ancora quel profumo di malinconia, quel gusto dolceamaro – avete presente la marmellata di arance? – che da Murmur in poi, più che qualsiasi jingle-jangle, è il loro marchio di fabbrica.
Succede che It Happened Today ti stupisce perché sembra quasi che ci si vergogni di quanto sia orecchiabile e che per pudore, dopo due giri, si cambi registro – ma, d' altronde, non sono loro quelli andati al nr. 1 con una canzone (Losing My Religion) senza ritornello?
E così le canzoni, tutte piacevoli, qualcuna molto, ti accompagnano verso l' ospitata finale di Patti Smith (che ovviamente per i critici di stanza a Tor Pignatara è la sola cosa davvero da salvare del disco, e vai con il provincialismo intellettualoide... lo sapete di chi è l'unica canzone ascoltabile di Patti Smith? di un buzzurrone italoirlandese del New Jersey... capito?).



Insomma, era da un bel po' che non mi capitava tra le mani un disco così, che lo togli dal piatto (virtuale) e ti vien voglia di rimetterlo. Ed io lo rimetto piuttosto di continuo.


A questo punto, una domanda: a cos' altro servono i dischi se non ad essere ascoltati, e riascoltati, e magari a diventare piccoli segnavia dei nostri ricordi?


Quindi questo disco funziona, e alla grande.
E non basta che funzioni?

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