Un caffè al Bonelli

Salendo verso il Passo della Cavalla



La Val Maira, per me, ha un significato speciale.
Sono stato qui, la prima volta, nel 1973. Avevo appena dato l’esame di terza media. Il campo era alle Sorgenti - non nella piana, ma in una radura appartata proprio sopra le grotte che si vedono dalla strada per Saretto. Era la prima volta che vedevo le Alpi.
Ricordo ancora i prati, le stelle alpine e le marmotte visti durante la prima uscita,  al  Lac de La Montagnette (probabilmente era quello della Reculaia…). Non posso dimenticare l’immagine della luna piena che ci illuminava mentre salivamo allo Stroppia, raggiunto alle due del mattino. Non avevamo, ovviamente, le chiavi.  Con abile mossa, lo Zio – una sorta di Obelix in carne ed ossa- fece saltare i perni dei cardini del portoncino di ferro. Dopo averci schiaffati in branda, si mise pacificamente a cucinare una razione militare di peperonata in scatola trovata nella dispensa.  Il mattino seguente, la salita al Colle della Gippiera e il ritorno nella nebbia.  Altri flash di quel campo, il monoblocco cucina-tavolo progettato da Paolo per risparmiare sui pali, la mia brutta scivolata sul primo nevaio mai calpestato, i giochi notturni nei quali, immancabilmente, dovevamo conquistare o difendere una base messa in cima al monte della croce (cioè il cocuzzolo di erba e terriccio sopra il posteggio delle Sorgenti).
Tornammo nel 1977. Da ragazzi, quattro anni sono una vita. Da quasi-vicecaposquadriglia ero diventato aiuto capo riparto. Arrivai al campo con qualche giorno di ritardo, causa visita militare.  Quell’anno il bivacco ebbe sviluppo un po’ diverso. Invece di tornare indietro per lo stesso percorso, sal Colle della Gippiera scendemmo al Lago dei Nove Colori e poi al Réfuge de Chambeyron.  Attraversati  i colli della Couletta e del Vallonet ci trovammo di fronte al Colle della Portioletta, completamente impraticabile causa neve.  Così si decise di passare dalla Tête  de Viraysse.  Nessun problema per la salita; la discesa era invece un ripidissimo fuori sentiero. Eravamo tutti piuttosto preoccupati. Francesco, invece, con la sua solita nonchalance fece formare il quadrato: come se niente fosse celebrammo promesse e passaggi di livello.  Se lui era così tranquillo, perché preoccuaparci?  In effetti saremmo riusciti a scendere senza troppi problemi, non fosse stato per  la bella idea di un maldestro novizio di sollevare a mò di trofeo un proiettile d’artiglieria inesploso trovato nella pietraia.  Potete immaginare il panico. Superato l’inconveniente, restavano solo il Colle del Sautron e la lunga militare che di lì scende alle Sorgenti, dove arrivammo alle 10 di sera.  La solita brodaglia ci sembrò il miglior minestrone mai assaggiato.



Lungo la rotabile militare
  



Nel 1979, ultimo campo nella radura sopra le grotte. Io, intanto, andavo all’università, guidavo la macchina ed  ero diventato capo riparto.  La prima vera responsabilità della mia vita.  Stavo crescendo.  Fu un campo bellissimo. Tutte le sere, mandati a letto i ragazzi, con Nanni, Sergio, Maurizio e Luigi si restava attorno al fuoco a bere un bicchiere, chiacchierare e cantare. Sulla mia macchina, una 127 rossa, girava una cassetta con Rust Never Sleeps di Neil Young.  L’uscita fu proprio il classico (ma all’epoca non lo sapevo!) giro per i passi della Cavalla e delle Munie.  Al bivacco, solita visita al Lago dei Nove Colori. Ero fiero che noi cinque – meno di cento anni in tutto – fossimo riusciti a far trascorrere ai nostri scout quindici belle giornate in mezzo alla natura.
Nel 1982, il mio ultimo campo alle Sorgenti ed anche da capo riparto: questa volta eravamo un po’ sopra la piana, posto più bello ma molto meno appartato di quello precedente.  Con me, il mitico Stefano (avvocato-alpinista-cambusiere), Maurizio e Sergio.  Questa volta, dallo Stroppia, facemmo un anello per Col di Nubiera, Colle della Portioletta e Colle del Sautron.  Un po’ meno bello che andare al Lago dei Nove Colori, ma comunque niente male… non fosse stato per i calcoli del pane sbagliati da non so chi. Noi capi pranzammo con due misere fette di mortadella. Inevitabile, per me, la crisi di zuccheri. Nell’occasione Stefano dimostra tutta la sua arte di vecchio marpione delle vette: in un barattolo con un residuo di zucchero, versa un pò di whisky e, poi, acqua quanto basta; agitato il tutto me lo presenta come la soluzione dei miei problemi. Effettivamente, riparto come se fossi in motoretta.
Sono poi passati diversi anni prima che tornassi in valle.


Gromit studia la situazione



Prima, un paio di gite. Col Prof. nell’estate del 1990, compresa visita al campo di riparto organizzato da Nanni a Prato Ciorliero; col vecchio Skorski, l’anno dei mondiali in USA: la piana delle sorgenti purtroppo ridotta a campo merenderos, Italia-Irlanda alla sera al bar di Acceglio.
Poi, nel 1996, la bellissima route con il Clan del GE XI, e la gioia di poter far conoscere ai ragazzi questi bellissimi posti. La route inizia proprio il giorno del matrimonio del Prof..  Mara parte al mattino con i ragazzi, io li raggiungerò in serata allo Stroppia, accompagnato dall’imprescindibile Skorski.  Quando arriviamo, l’interno del rifugio è saturo di umidità. Sono saliti sotto la pioggia… ma senza chiavi, così Paolone è dovuto tornare in valle a prenderle, mentre gli atri cercavano riparo alla bell’e meglio sotto le falde (!) del tetto. Stufa e cucina non ci sono più e così non asciuga un bel niente! Al mattino, per fortuna, il tempo è migliorato. Mentre il vecchio Skorski se ne torna a Recco, noi raggiungiamo baldanzosi il Rif. Chambeyron, un bel po’ più confortevole… di lì il giorno successivo una bellissima traversata per i colli de la Couletta, du Vallonet, della Portioletta e delle Munie ci porta al Bivacco Bonelli, dove riesco ad addormentarmi nel bel mezzo di una chiacchierata di Clan.



Il Lago di Apzoi fotograato dai pressi del Biv.Bonelli




Il Colle del Boeuf, quello della Gippiera del’Oronaye e quello della Scaletta ci portano al posto tappa nel vallone di Pratorodondo.  Lì, un cane randagio rifiuta sdegnato, benché ridotto allo stremo, il blocco purulento di prosciutto cotto che Mara aveva ripetutamente tentato di propinarmi nei giorni precedenti. Scendiamo ad Acceglio e, poi, in corriera ad Upega, al Campo di Gruppo. Un giro meraviglioso.
Nel dicembre 1999 mi rompo una caviglia. La prima gita, dopo l’intervento, è ancora ad Acceglio – con un grottesco pernottamento in una roulotte al Campo Base.
Tornerò, poi, ancora per una Route nel 2005, completando l’anello con il Colle Ciarbonnet e la discesa alle Sorgenti. Lo stupore per la meravigliosa bellezza di questi monti rimane.
Che dire di questa gita? Che questa nuova visita all’alta val Maira è stata una festa per gli occhi e per il cuore, come tutte quelle che l’avevano preceduta.  Una salita regolare e costante sino al Passo della Cavalla mi ha pemesso di gustare luci, colori e panorami; poi la rinuncia alla vetta del Soubeyran per non affaticare le ginocchia già a inizio stagione, e la discesa al Lago di Apzoi dove, per la felicità di Maurizio, c’è ancora qualche iceberg. Persino la Federica per una volta ne fa una giusta, e al Bonelli prepara un caffè per tutti e quattro. E, poi, la discesa verso lo specchio celeste del Visaisa e di lì di nuovo alle sorgenti.



Il Lago Visaisa



Unica nota dolente, la bellissima piana stuprata da merenderos, campeggiatori vocianti e semplici imbecilli. Fino a quanto continuerà questa vergogna?

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