Barbera e Thabor


Il Thabor, poco dopo la partenza


Sul Thabor ero stato due volte; perse, però, nella notte dei tempi – parlo del 1981 e del 1987.
Da un po’ di tempo si parlava di andarci ma quando la cosa si era concretizzata, io non potevo esserci.
In ogni caso, non avrei fatto volentieri questa gita partendo in giornata da Genova. Il viaggio ed il dislivello sono tutt’e due impegnativi, e volevo comunque cogliere l’occasione per una due giorni, dormendo magari al rifugio sulla normale francese.
Con D. decidiamo di recuperare l’occasione perduta, organizzando una due giorni con pernotto al Rifugio Tre Magi. Purtroppo, Gromit non è accettato e deve restare a casa.
All’ultimo istante si aggiunge M..  Ritardiamo un po’ la partenza, ma alle 18 riusciamo comunque a raggiungere D. a Busalla.
Il viaggio scorre piacevolmente. Arriviamo a Bardonecchia abbastanza tardi, lungo la strada non c’è un bar dove mangiare un panino, speriamo di convincere i gestori del rifugio a darci qualcosa da mangiare.
La cucina è chiusa, ma recuperiamo comunque un paio di panini e una bottiglia di ottima Barbera.
La serata in rifugio, attorno a un tavolo, condividendo un bicchiere di buon vino è sempre un momento speciale e questa non fa eccezione. Con M. c’è un’amicizia di lunga data; D è persona squisita e sembra di conoscerci da sempre. Consumato lo spuntino, ce ne andiamo in branda.
Al mattino,  ci svegliamo un po’ più tardi di quel che avremmo  voluto. Iniziamo comunque a camminare verso le 7.30. Il tempo è bello, ma non perfetto e sono previsti piovaschi nel pomeriggio. Sino al Ponte della Fonderia seguiamo la carrabile di fondovalle; poi, svoltiamo a sinistra ed imbocchiamo la diramazione che sale verso un rifugio privato. Prudentemente, evito tagli e rampe e cerco di rimanere sempre sottoritmo: 1400 metri di dislivello, comunque, non sono pochi e voglio prenderli con cautela.
Salendo chiacchieriamo del più e del meno; incrociamo con una comitiva che procede un po’ a strappi; li superiamo e li perdiamo definitivamente di vista poco prima del rifugio, dove lasciamo la carrabile per imboccare un sentiero che, in moderata pendenza, inizia a risalire un bellissimo vallone

L'imbocco del vallone

 i cui prati sono circondati da montagne dall’aspetto decisamente dolomitico.

Salendo verso il Col des Meandes


Senza troppa fatica, e senza mai fermarmi arrivo al Col Des Meandes dove la normale francese si collega a quella italiana. I miei amici mi aspettano lì da qualche minuto. Un po’ di cioccolata ed un bicchiere di sali. Inizia l’unico tratto di salita un po’ più ripida. Si raggiunge e poi si segue una crestina, poi con un traverso a mezzacosta si arriva ad una piana appena sotto la cappelletta dell’anticima.

In salita verso la cima


Anche in questo tratto, comunque il sentiero è in condizioni eccellenti, non ci sono gradini o tratti scivolosi. Riesco quindi a salire sempre con passo regolare, senza mai dovermi fermare. Mi pare confermato che dormire fuori e cominciare a camminare presto migliori di molto la situazione.
Arrivati in cima (quattro ore sosta esclusa), mangiamo qualcosa. Il panorama, putroppo, è penalizzato dalla maccaja che è un po’ la costante di questa stagione estiva.
Decidiamo di scendere lungo la normale francese, raggiungere il Réfuge du Thabor e scendere per il sentiero del Colle della Valle Stretta. M. e D. non sono mai stati in quel vallone, io avevo fatto una passeggiata pomeridiana durante il campo del 1987, ma ne ricordo ben poco. 


D. in discesa verso Serous e Col des Meandes


Al Col Des Meandes, prendiamo dunque a sinistra per un sentiero che aggira i Serous, e poi scende rapidamente sino al Lac du Peyron.


Lac du Peyron


Nel frattempo, però, come da previsioni il meteo si è guastato.  Per raggiungere il Colle della Valle Stretta bisognerebbe percorrere un traverso che dal vivo sembra decisamente più lungo del previsto. Dopo qualche incertezza  decidiamo di tagliar corto e di seguire una traccia che dovrebbe incrociare, all’inizio della Plaine de Tavernette,  il sentiero principale.

Il traverso verso il Col de La Vallée Etroite


La cosa, in effetti, riesce e in breve, ci troviamo in una bella piana prativa (probabilmente un ex lago inerbito). Ne superiamo il ciglio e proseguiamo quasi in piano, superando un pluviometro ed un altro piccolo laghetto.

Poco sopra il Ponte della Fonderia


Arriviamo così all’inizio di un ultimo ripido tratto di discesa che ci riporta al Ponte della Fonderia. Ora è uscito di nuovo il sole e la temperatura comincia ad essere decisamente impietosa.
Lascio a M. e D. la visita al Lago Verde e mi dirigo verso il rifugio, dove abbiamo lasciato le cose che non ci serviva portarci dietro. Ovviamente ho giurato e spergiurato di aspettare gli amici prima di assumere qualsiasi iniziativa birresca. Dopo ben due minuti di inutile quanto tediosa attesa non posso però sopportare oltre lo sguardo interrogativo della rifugista e sono costretto ad ordinare una tripel artigianale da 0,50. Un paio di panini col prosciutto  vanno immediatamente incontro alla loro inesorabile fine. Segue il parmigiano.  A quel punto, la sete torna a farsi sentire e considerato il fatto che non devo guidare comincio ad essere tentato da un secondo giro.
Vengo interrotto dall’improvvisa ricomparsa dei miei soci che si scusano ammettendo di essersi persi, alquanto ingloriosamente, nei pressi del  laghetto. Nego, ovviamente, ogni e qualsiasi bevuta. Nessuno, chissà perché, mi crede. Per farmi perdonare, propongo un giro per tutti.  Purtroppo sbaglio il conto delle bevande, e mi devo calare un’altra birretta e mezza.
Carichiamo in macchina quasi a forza M., che vorrebbe farsi una doccia in rifugio (!) e imbocchiamo la strada del rientro. Intanto abbiamo fatto quasi le 18.  Riesco abilmente a convincere mia moglie che il ritardo è stato causato da M. (in effetti, c’è anche un fondo di verità) ed evito il peggio. Cambio macchina a Busalla, consegna di M. al bar Nicco di Ruta e rientro alla base avvengono senza intoppi.
Dopo la Valgrisenche, un’altra due giorni che mi conferma come questo tipo di gite diano una gratificazione enormemente diversa dalle toccate e fughe in giornata. Meno stess, meno stanchezza, meno fatica nel cammino  e in più il piacere del tempo trascorso assieme in amicizia.


Serve altro?


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